Che cos’è un blend?

Quando si parla di blend, s’intende un’operazione enologica molto importante che prevede la miscelazione di due o più vini, per ottenere un unico taglio. La parola “blend”, quindi, è sinonimo di un mix di uve diverse che compongono un solo vino.
L’arte del blending è frutto di una lunga esperienza, nonché di un processo iterativo che combina analisi tecnica e un’attenta degustazione, al fine di arrivare a ciò che può essere definita la “ricetta perfetta”.

Perché si utilizzano blend in cantina?

Spesso gli enologi tagliano i vini e creano blend per fare in modo che il prodotto finale acquisisca complessità e massimizzi l’espressione gusto-olfattiva. Con l’assemblaggio di più vitigni, si possono esaltare colori, aromi, consistenze, struttura e rendere un vino più complesso o più profumato se necessario. L’obiettivo è quello di ottenere un vino “migliore”, mettendo insieme la forza espressiva di ogni uva ed evidenziando le peculiarità di ciascuna varietà utilizzata.
Anche Cantine Leonardo da Vinci ha creato blend molto apprezzati non solo dai wine lovers, ma anche dalla critica enologica. Al primo posto, il S.to Ippolito Toscana Rosso IGT – premiato da Luca Maroni 99/100 nell’Annuario dei Migliori Vini Italiani 2020 – frutto del sapiente assemblaggio di uve Sangiovese 40%, Merlot 30%, Syrah 30%. Un vino rosso dall’anima internazionale, che fonde in sé l’armonia, la consistenza, l’equilibrio e l’aroma di ogni sua varietà compositiva. Più legato alla tradizione enologica toscana, il Governo all’Uso Toscano della collezione Leonardo da Vinci: un vino rosso ottenuto da uve Sangiovese e Merlot (di cui una piccola percentuale appassite), dapprima vinificate separatamente e successivamente mescolate per proseguire la maturazione in acciaio. Un rosso pieno, corposo con un finale piacevolmente elegante.

La nascita dei Supertuscan: i famosi blend italiani

Fra i blend italiani famosi ricordiamo i rivoluzionari “Supertuscan”. Il termine, coniato negli anni ’80 dal critico enologico americano Robert Parker, ingloba tutti quei vini rossi toscani che, in un’epoca ancora rigidamente legata alla tradizione enologica, si sono volutamente allontanati dal disciplinare di produzione, discostandosi dalle regole del Chianti DOC. Se tale denominazione, infatti, prevedeva l’utilizzo di soli vitigni autoctoni dell’area di produzione (come Sangiovese o Canaiolo), nell’assemblaggio dei vini Supertuscan all’italiano Sangiovese i produttori toscani hanno iniziato ad affiancare vitigni internazionali quali Merlot, Syrah, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc.

Hai mai sentito parlare di Sassicaia? Fu questo il vino apripista alla fine degli anni ’60 e il marchese Mario Incisa della Rocchetta di Tenuta San Guido fu il grande pioniere dei Supertuscan. Sassicaia è un vino rosso italiano d’ispirazione francese, se così si può dire, e forse l’esempio più riuscito di blend italiano ispirato al blend francese detto “taglio bordolese”, che in questo vino prevede l’uso dei vitigni Cabernet Sauvignon (80% circa) e Cabernet Franc (20% circa).
A seguito del Sassicaia, molti altri esperimenti di blending vengono fatti in Toscana. Come non citare le celeberrime etichette firmate da Antinori, oggi conosciute in tutto il mondo: Tignanello che mescola Cabernet Sauvignon al Sangiovese; Solaia, che utilizza Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc e Petit Verdot.

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